-Ciao, tesoro, tutto bene oggi, a scuola?-aveva domandato Cheddonna, affacciandosi alla porta della cucina, mentre IlPrincipe entrava in casa.
-Uhm, fanc, scuola di m, caz…-aveva risposto lui.
-Come, scusa?- aveva insistito Cheddonna, che non aveva afferrato il concetto.
-Eeeh, Ma’? Boh, che pall. -e, alzando le spalle, si era avviato verso la sua stanza, dopo aver lanciato un’occhiata interrogativa a sua madre.
Cheddonna era prima sbiancata, poi era diventata rossa come il pomodoro disegnato sul suo grembiule da cucina e aveva cominciato a emettere fumo dalle narici. Non aveva capito nulla di quello che aveva detto IlPrincipe, e questo la faceva infuriare terribilmente.Un po’ per carattere e un po’ per educazione, il turpiloquio le aveva sempre fatto orrore, e aveva sempre condannato fermamente la violenza verbale fine a se stessa.
Ma quando ci vuole ci vuole.
Così, dopo essersi strappata di dosso il grembiule, aveva rincorso IlPrincipe nel corridoio e gli aveva urlato:-Ehi, stronzet, a me che pall non lo dici! Ti ho chiesto com’è andata la caz di scuola!-
IlPrincipe si era immobilizzato all’istante, come colpito da un fulmine, poi si era voltato lentamente e, con un sorriso a trentadue denti aveva esclamato:-Una schifezza, ma’, porc put!- ma questa volta Cheddonna lo aveva capito.
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